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L'oasi alpina del prete albergatore

“Se vuol fermarsi qui per stanotte, posso alloggiarla con un certo comfort” – mi diceva il parroco1 di Pieve2, su un viale di ghiaia che muore dinanzi alla canonica.

Il sole era già calato, nella tiepida serata di primo giugno, e già nera contro l’estrema luminosità del cielo si profilava la grossa piramide di Monte Acuto, mentre l’immensa gobba di Monte Tezio ­il monte di Perugia che si erge tra la Valle del Tevere e la piana di Magione verso la quale digradano i suoi contrafforti collinari – Scoloriva rapidamente nell’azzurro cupissimo del vespro che avanzava a grandi passi dall’est.

Un silenzio quasi claustrale – punteggiato da grida di bimbi in girotondo sulla vicina aia colonica – circondava la chiesa, il campanile, la rozza. croce eretta a ricordo di qualche missione, la casa del curato e quella dei contadini. La notte scendeva sulla “Pieve”, i pochi lumi accesi in basso sulla piana sembravano tanto lontani, quasi irraggiungibili. Quasi noi ci trovassimo fuori del mondo, come avviene in qualche sogno misterioso.

Ero capitato per caso quassù, nel pomeriggio, girovagando come ci succede per questa Umbria tanto piccola e tanto sconosciuta. La strada del Pantano, che porta ad Umbertide attraverso le colline del Tezio e la sella di Montecorona, oltre Cenerente si snoda in curve e falsipiani. Un bivio sulla destra, con una stradetta in salita verso il monte, aveva attirato la mia curiosità. Marcia bassa e via, finché, tra pini ed abeti, la strada muore sul biancheggiare di alcuni muri tra il fogliame.

Poche case e molte conifere: quota 500, paesaggio alpestre. Non lo si sarebbe pensato, a due passi da Perugia. Eppure Pieve di Monte Tezio è qui col suo volto da paesino montano, di quelli che si incontrano ad ogni pie’ sospinto sulle prealpi carniche.

Intorno, qua e là, pezzi di “scavo” (frammenti di lapidi, tronconi di steli): così ho conosciuto il parroco, perché lui solo, mi hanno detto i contadini, sa qualcosa di questa specie di museo all’aperto.

Ed il parroco (uno di quelli coi fiocchi) mi ha detto tutto sui “suoi” cimeli, perché è stato lui a trovarli là ove, probabilmente, deve essere stata la sede di una necropoli forse etrusca: ed è stato lui ad allinearli anche sull’ingresso della canonica, che ha tutto l’aspetto di una di quelle piccole “hall” degli alberghetti o dei rifugi delle Alpi, con i suoi tavoli e le sue panche di rozzi tronchi d’albero opportunamente adattati. Un “rustico” accogliente e pieno di buon gusto.

Per quanto bello, l’ingresso della canonica (che ha tra l’altro la sua brava scaletta di legno che sparisce nel soffitto), mi era sembrato un po’ strano. Ma, dinanzi ad un bicchiere di quel vino frizzantino delle viti che crescono quasi sulla roccia, e dinanzi ad una fetta di torta col prosciutto, il discorso era caduto su altri argomenti.

E’ stato fuori, nel silenzio della notte incombente, guardando muti la distesa buia della pianura, che l’idea dell’albergo di montagna prendeva forma nella mia mente, alla memoria visiva di quella che a prima vista avevo definito una piccola “hall” di montagna.

“Se vuol fermarsi qui, per stanotte, posso alloggiarla con un certo comfort: venga a vedere”. Rientrati al piano rialzato, il parroco mi ha mostrato alcune camerette di semplicità monastica, ma dotate di tutto quello che può occorrere al turista.

L’idea è venuta un anno o due fa al buon pievano: la canonica è ampia, perché non attrezzarla per brevi soggiorni di chiunque, artista, studioso, o semplice turista, voglia venire qui a riposare, meditare od anche dormire, lontano dalla città che tuttavia è a due passi? E poiché il parroco è un uomo d’azione, fu presto fatto.

Così, spesso, “Pieve di Monte Tezio” vede giungere qualcuno che può vivere due o tre o quattro giorni in solitudine, cibarsi alla campagnola, senza temere per il suo bilancio, dato che il conto non va oltre i limiti del conto delle vivande e della più ristretta percentuale per l’usura del materiale.

Mi sono fermato. Il sonno quassù è veramente ristoratore, come il coniglio arrosto che una matura e dignitosa Perpetua, obbediente agli ordini, ti può girare allo spiedo. La stessa matura e dignitosa Perpetua, obbediente agli ordini, mi ha svegliato all’ora richiesta. Il disappunto per il brusco risveglio è svanito allo spettacolo del giorno nascente che inondava di polvere argentea i tetti e le cime dei pini, e dilagava sui vapori rugiadosi della pianura verde e marrone.

Occorreva che dicessi ai perugini che hanno un’oasi alpina a due passi da Perugia e non lo sanno. E l’ho fatto prima di riprendere a malincuore la china verso l’asfalto, i semafori ed il cemento armato.

1 Don Artemio Testoni.
2 Pieve Petroia

Una ridente oasi alpina sta sorgendo vicino al capoluogo
IL TEMPO Cronaca di Perugia 4 giugno 1955

Documento tratto da “LETTERE DALL’UMBRIA” di Tertulliano Marzani
corrispondente de IL TEMPO negli anni 1950-1966 a cura di Paolo Marzani