Monte Tezio: Ambiente e Natura
Curiosità
Il Decalogo del Bosco
Nel 1877, nel pieno della corsa al disboscamento della Val Grande piemontese (oggi riserva naturale), la sezione Verbano del Club Alpino Italiano diffuse questo “decalogo”, dando prova di una coscienza ecologica che all’epoca era ancora davvero poco diffusa.
Curiosità
- 1. Devi credere che ogni pianta, ogni boschetto, ogni selva è un mediatore fra il suolo e l’atmosfera, senza la cui influenza la terra più fertile diventa un deserto.
- 2. Non pronunciare invano il nome del bosco.
- 3. Ricordati, uomo, che la selva ti somministra la massima parte dei mezzi atti a sostenere la vita.
- 4. Onora il bosco e ogni pianta; cura e coltiva il bosco per i tuoi figli se vuoi essere felice, tu e i tuoi nipoti sulla Terra.
- 5. Non uccidere un uccello o un animale che si ciba d’insetti del bosco.
- 6. Non macchiare il suolo vergine del bosco con specie non adatte.
- 7. Non rubare una sola pianta viva del bosco, né il fogliame, né la resina, né rami verdi,né cortecce e altre cose.
- 8. Non dare testimonianza falsa a favore dei violatori delle leggi forestali.
- 9. Non appropiarti dei prodotti del bosco del tuo vicino.
- 10. Tieni ben saldo in mente che Iddio ti ha dato la ragione perché tu abbia del bosco quella medesima cura e previdenza che tu hai per la tua salute.
Le croci di Monte Tezio
Da oltre un secolo , sul massiccio del monte Tezio esistono tre croci che sono punti di riferimento per la gente del posto e di tutti coloro che amano la montagna.
La Croce della Pieve
Collocata sulla sommità del monte, a quota 942 m.s.l. sul versante Sud-Ovest ed è alta m. 5,50 e larga m. 2,30. E’ formata da una struttura di ferro scatolata da lamiera che, purtroppo, con il passare dei decenni si è staccata e dispersa, a causa di agenti atmosferici, lasciando solo il traliccio. Si ipotizza che nel 1912/1913 alcuni fedeli del luogo proposero di sostituire la precedente croce, allora chiamata croce del Giglio, con un’altra più resistente. La nuova prese il nome di croce della Pieve in quanto il luogo in cui si erge era compreso nel territorio della parrocchia di Pieve Petroia. Si racconta che il giorno dell’inaugurazione parteciparono tante persone appartenenti alle varie parrocchie del territorio e che il parroco di Migiana di Monte Tezio, don Erminio Mignini, si arrampicò in cima alla croce. Da allora, ogni anno, per il giorno dell’Ascensione si organizzava una gran festa e celebrata una messa presso la croce. La giornata iniziava con la processione che partiva da Pieve Petroia ed arrivava sin lassù. A questa manifestazione partecipavano numerose famiglie, provenienti dalle zone circostanti Monte Tezio con al seguito borse colme di cibo e tanto buon vino da consumare durante la giornata. La festa fu sospesa durante la seconda guerra mondiale e da allora non è stata più ripristinata. Chissà che non sia arrivato il momento di riproporla?
La Croce di Fontenova
Prende il nome appunto dal piccolo agglomerato, fu costruita e collocata da un abitante del luogo nell’anno 1935. Si racconta che i pezzi della croce furono trainati da buoi.
Si volle erigere la croce quasi alla sommità del monte ed orientarla in direzione di Fontenuova, in contrapposizione con quella già esistente di Migiana di Monte Tezio.
Il 21 maggio 2000 è stata installata una nuova croce di legno dalle stesse dimensioni della precedente (larghezza m. 2,10 e altezza m. 4,10) dopo una suggestiva processione in cima al monte, dove a spalla è stata trasportata fino al luogo di destinazione da una comunità di uomini e donne devoti. Dopo la benedizione è seguita una messa durante la quale il coro del C.A.I. di Perugia ha eseguito degli splendidi brani. Alla cerimonia hanno partecipato anche alcuni figli, alcuni nipoti e soprattutto la commossa vedova del colono Disco, signora Emilia, ultranovantenne. inoltre erano presenti una rappresentanza del Corpo Forestale dello Stato ed il Presidente dell’A.N.A. (Associazione Nazionale Alpini).
La Croce di Migiana
La più antica della zona di Migiana. Alcuni ex abitanti del posto ci riferiscono che nei primi anni del 1900 la croce era di legno e solo nel 1932 – 1933 è stata collocata una in ferro. Su commissione di don Mignini Erminio, allora parroco della parrocchia di Migiana di Monte Tezio, è stata preparata dal fabbro di Cenerente sig. Maccheroni Socrate e sistemata dal muratore sig. Tondini Arsenio di La Bruna. La settimana antecedente la festa, alcuni giovani del paese, che poco dopo partirono tutti per la guerra in Africa e Grecia, portarono a spalla i pezzi della croce per poi collocarla sullo stesso punto in sostituzione di quella di legno ormai logora. Il sig. Palloni Camillo racconta che, la sera prima della festa, vennero collocati sulla croce i cosiddetti “lumini” (barattoli con dentro stracci imbevuti con olio di macchine o con petrolio) che rimasero accesi tutta la notte.
Morfologia
Morfologia del Monte Tezio
Il Monte Tezio (961 m.), fa parte di una serie di rilievi calcarei disposti lungo l’asse Nord Ovest – Sud Est che inizia dal Monte Acuto (926 m.) e prosegue con il Monte Civitelle (634 m.). L’allineamento rientra in quella serie di dorsali determinate da successioni di pieghe alternate a bacini intermontani, tipiche della storia geologica della regione umbra. La zona del Tezio appartiene interamente al bacino idrografico del fiume Tevere che scorre alla base del versante orientale dove troviamo, infatti, una serie di torrenti con pendenza anche accentuata, che si gettano direttamente nel fiume. Sul lato occidentale le acque dei vari rilievi confluiscono nel torrente Caina, il quale, proseguendo, raccoglie poi le acque dei monti the contornano il lago Trasimeno ad Est – Nord Est, la Caina si immette quindi nel fiume Nestore, affluente di destra del Tevere, nei pressi di Pieve Caina.
II Monte Tezio è costituito geologicamente da rocce giurassiche e cretacee, prevalentemente calcaree, mentre intorno le rocce sono più recenti, essendo rappresentate principalmente da maane ed arenarie. Le rocce giura-cretacee si sono originate da fanghi marini formati dalla macerazione delle parti lure degli organismi che popolavano il mare di allora, chiamato dai geologi Tetide e deposti su fondali non molti profondi in epoca molto lontana da noi (da 180 a 70 milioni di anni fa).
Le rocce giuracretacee dell’Appennino umbro-marchigiano sono di natura essenzialmente calcarea con percentuali variabili di argilla e di selce. Le rocce triassiche, che affiorano in lembi limitati sul Monte Malbe, sono invece calcaree o gessose. I menzionati fanghi si sono sollevati per effetto del corrugamento montuoso appenninico e nel caso del Monte Tezio ha portato alla situazione attuale tramite un complesso sistema di faglie, che hanno fatto spostare i vari pacchi di strati uno sull’altro, rilevati e abbassati.
Nell’area del Tezio si evidenziano situazioni vegetazionali diverse, tipica quella del bosco misto a prevalenza di querce (roverella, cerro, leccio, castagno, ecc.) ed arbusti che preludono una ripresa naturale del bosco, dopo l’abbandono recente da parte dell’uomo dei terreni coltivati. Nei boschi misti si possono raccogliere anche funghi di vari tipi, tartufi bianchi e neri ed asparagi. I boschi e le macchie svolgono l’importante ruolo di ambienti di rifugio, nidificazione e sostentamento degli animali selvatici. Nella zona si trovano diverse specie di mammiferi (il cinghiale, la volpe, il tasso, la donnola, la faina, la lepre, l’istrice, lo scoiattolo, ecc.) per i quali è più facile riconoscerne la presenza dalle tracce, che riuscire ad osservarli direttamente. Sopra i pascoli della sommità del monte si possono ammirare i lunghi volteggi della poiana, del falco e di altri uccelli rapaci che scrutano il terreno alla ricerca di piccole prede.
Gli insediamenti principali (Pantano, Maestrello, Colle Umberto I°, Compresso, Canneto e Cenerente) si trovano alla base dei versanti e nelle zone di fondovalle the circondano il monte, dove ormai le attività umane industriali ed agricole hanno strappato il predominio dei boschi, lasciandone qua e la strisce di lembi. Sui colli e nei punti strategici, casolari, conventi e rocche (Antognolla, Procoio, Romitorio, Monte Nero e Santa Giuliana) hanno assistito silenziosi nel corso dei secoli a tutte le vicende e trasformazioni del paesaggio.
Gian Mario Tibidò